IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1/90 proposto dal sig. Soro Sebastiano rappresentato e difeso dagli avvocati Lorenzo Palermo e Marcello Vignolo, elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Cagliari, via Sassari n. 77, contro la regione autonoma della Sardegna in persona del presidente della giunta, l'assessore regionale agli enti locali ed il comitato regionale di controllo sugli atti degli enti locali in persona del presidente in carica, non costituiti in giudizio, e nei confronti del comune di Anela in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Agostino Pinna ed elettivamente domiciliato in Cagliari, via dei Conversi n. 86 presso il dott. Pier Luigi Pinna, per l'annullamento dell'ordinanza n. 6296-6297/2 in data 3 novembre 1989 con la quale il comitato regionale di controllo ha annullato le deliberazioni del consiglio comunale di Anela n. 51 e n. 52 in data 30 settembre 1989; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Anelia in persona del sindaco in carica; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza dell'11 aprile 1990 la relazione del primo referendario Manfredo Atzeni e uditi altresi', l'avv. Lorenzo Palermo per il ricorrente e, per delega dell'avv. Giovanni Agostino Pinna, per il comune di Anela; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: F A T T O Con ricorso a questo tribunale, notificato l'11-12 dicembre 1989 e depositato il 2 gennaio 1990 il sig. Sebastiano Soro impugna l'ordinanza n. 6296-6297/2 in data 3 gennaio 1989 con la quale il comitato regionale di controllo ha annullato le deliberazioni del consiglio comunale di Anela n. 51 e n. 52 in data 30 settembre 1989 concernenti controdeduzioni alla precedente ordinanza n. 5278/2-4239/2 in data 7 settembre 1989 (di annullamento della deliberazione n. 46 in data 24 giugno 1989) e conseguente approvazione della graduatoria del concorso per un posto di applicato di prima classe contabile ed assunzione in ruolo in prova dello stesso sig. Soro, quale vincitore. Il ricorso e' affidato ai seguenti motivi: 1) il Co.Re.Co. alla data di adozione del provvedimento impugnato, era gia' decaduto; 2) la fattispecie in esame ricade nell'ambito di applicazione della legge n. 554 del 29 dicembre 1989 trattandosi di concorso le cui prove sono state avviate entro il 1º gennaio 1989; 3) il d.-l. 26 luglio 1989, n. 260, ed il d.-l. 23 settembre 1989, n. 326, hanno esteso a tutto il 1989 la portata della predetta deroga; 4) il Co.Re.Co. aveva in precedenza approvato espressamente le deliberazioni di riapertura dei termini del concorso e di nomina di un commissario; l'intervenuto atto di annullamento si pone qundi in contrasto con tali pronunciamenti; 5) il posto messo a concorso non rientra fra quelli per i quali e' consentita la copertura sulla base di selezione tra gli iscritti nelle liste di collocamento. Il ricorrente chiede quindi l'annullamento, previa sospensione, del provvedimento impugnato. Con ordinanza n. 23 in data 30 gennaio 1990 e' stato respinto l'incidente cautelare. Si e' costituito in giudizio il comune di Anela in persona del sindaco in carica (autorizzato con deliberazione g.m. n. 338 in data 18 dicembre 1989) chiedendo, con atto di intervento notificato il 10-11 gennaio 1990 e depositato il 1º febbraio 1990, l'accoglimento del ricorso. In data 29 marzo 1990 il ricorrente ha depositato memoria. Alla pubblica udienza il suo procuratore, comparso anche per il comune di Anela, ha ulteriormente illustrato le proprie argomentazioni. D I R I T T O Il ricorrente impugna il provvedimento con il quale il comitato regionale di controllo ha annullato le deliberazioni del consiglio comunale di Anela rlative all'approvazione degli atti del concorso per la copertura di un posto di applicato contabile con la sua conseguente chiamata in servizio come vincitore del medesimo. Deve preliminarmente essere estromesso il comune di Anela, il quale non ha depositato in giudizio copia del provvedimento consiliare di ratifica della deliberazione con la quale la giunta ha autorizzato il sindaco a stare in giudizio. Procedendo quindi all'esame del merito della controversia, le consure proposte possono essere suddivise in due gruppi. Da una parte infatti l'attore contesta, con il primo motivo di ricorso, la stessa legittimazione del Co.Re.Co. allora in carica ad esercitare il controllo. Dall'altra lamenta invece, con tutte le altre censure, lo scorretto esercizio di tale potere. E' bene che la trattazione proceda dalla delibazione di queste ultime, in quanto le altre problematiche sottendono, come si vedra' nel seguito della trattazione, questioni di costituzionalita'. Sostiene in primo luogo il ricorrente che per l'accesso al posto in questione e' richiesto titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo. I relativi meccanismi di assunzione si sottrarrebbero quindi alla disciplina dell'art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56/1987. Il motivo non e' fondato in quanto nel bando di concorso in data 29 gennaio 1988 puo' leggersi che il titolo di studio richiesto e' giustappunto quello di licenza media inferiore. Afferma poi l'attore l'applicabilita' dell'art. 1, quinto comma, della legge 29 dicembre 1988, n. 554, in quanto le prove del concorso in parola sono state espletate una prima volta nell'anno 1988 senza giungere ad indicare alcun vincitore mentre le successive prove, superate dall'adierno ricorrente, perterrebbero al medesimo procedimento. Anche questa argomentazione deve essere disattesa in quanto qualinque sia stata la qualificazione formale attribuita dal comune ai propri atti quest'ultimo, una volta esperita infruttuosamente la procedura, ha pubblicato un nuovo bando (sopra citato) con il quale gli interessati in possesso dei necessari requisiti alla data del medesimo venivano invitati a presentare le necessarie domande, senza alcuna considerazione per la situazione di quanti avessero gia' presentato domanda, o addirittura partecipato alle prove svoltesi in precedenza. Il concorso di cui ora trattasi deve quindi essere considerato diverso da quello precedentemente espletato, in quanto rivolto ad un gruppo di potenziali candidati diversamente individuato. Ne' vale addurre che il comune ha affidato anche il secondo procedimento alla stessa commissione, non assendo lo stesso obbligato ad un nuovo atto di nomina espresso avendo adeguatamente esternato la volonta' di riconfermare i membri a suo tempo indicati. Afferma poi il ricorrente che il comitato di controllo non avrebbe potuto sollevare la questione dell'applicabilita' dell'art. 16 della legge n. 56/1987 per la prima volta con il provvedimento impugnato dopo che con provvedimento in data 30 novembre 1988 aveva preso atto della deliberazione n. 348 in data 31 ottobre 1988 concernente la nuova indizione del concorso. Tale prospettazione non puo' essere condivisa in quanto detta deliberazione e' stata emanata vigente l'art. 4-quinquies della legge 20 maggio 1988, n. 160, il quale onde coordinare, l'entrata in vigore delle disposizioni di cui alla legge n. 56 con quella delle necessarie norme di attuazione ha rimandato l'applicazione della suddetta legge al 1º gennaio 1989. La deliberazione citata era pertanto conforme alla normativa vigente al momento della sua adozione. Da cio' consegue da una parte che il comitato di controllo, in quella fase, non doveva contestare al comune alcuna illeggittimita'; dall'altra, se quest'ultimo avesse concluso la procedura entro la data anzidetta avrevve potuto validamente assumere il vincitore del concorso. Inoltre, il comune poteva ottenere tale risultato anche iniziando tempestivamente le prove, in tal modo beneficiando dell'art. 1 della legge 29 dicembre 1988, n. 554. Obietta peraltro il ricorrente a quest'ultimo riguardo che vigente tale legge il comitato avesse preso atto della deliberazione (n. 90 in data 30 dicembre 1988) con la quale il consiglio comunale aveva sostituito un membro della commissione d'esame. In tal modo il Co.Re.Co. avrebbe implicitamente consentito la prosecuzione del concorso, ed il provvedimento impugnato appare pertanto in contrasto con tale determinazione. La tesi, sebbene acutamente sostenuta, non puo' essere condivisa. Ritene il collegio che la lamentata contraddittorieta' potrebbe essere riscontrata nelle sole ipotesi in cui l'esame del primo atto presupponga la risoluzione di questioni rilevanti anche in sede di controllo del successivo provvedimento. Solo in tale caso potrebbe infatti ritenersi che il Co.Re.Co. abbia, sebbene implicitamente, affermato l'insussistenza dei vizi poi contestati nella successiva fase procedimentale. Tale ipotesi non si e' verificata nel caso di specie in quanto la deliberazione sulla quale si fondano le argomentazioni del ricorrente attiene ad una fase del tutto interna al procedimento, in ordine alla quale non ha alcun rilievo il posto destinato ad essere coperto al termine della procedura; ed inoltre, la problematica in concreto venuta in evidenza (titoli dell'esperto chiamato a far parte della commissione) si atteggia allo stesso modo qualunque sia il posto da coprire. Di conseguenza, la circostanza che per l'ammissione al concorso fosse richiesto il titolo di studio della scuola media inferiore non poteva venire in evidenza nella suddetta fase procedimentale. Il Co.Re.Co., pertanto, non era affatto tenuto, nell'ipotesi in esame, a sollevare la questione dell'applicazione della legge n. 56/1987 e dell'inapplicabilita' della legge n. 554/1988 in sede di esame della deliberazione n. 90/1988. Essendo risultate infondata tutte le altre censure, il collegio deve ora discutere il primo mezzo di gravame, con il quale il ricorrente sostiene che il comitato regionale di controllo alla data (3 novembre 1989) di adozione del provvedimento impugnato era gia' decaduto ai sensi dell'art. 9, primo comma, della legge regionale 23 ottobre 1978 n. 62 (modificato dall'art. 1 della legge regionale 26 gennaio 1989, n. 6) essendo decorsi oltre sessanta giorni dall'insediamento del nuovo consiglio regionale, avvenuto l'8 agosto 1989. L'intervenuta decadenza impediva all'organo, non ancora rinnovato, di esercitare il proprio potere. La lettura della predetta disposizione seggerita dal ricorrente appare conforme alla sua formulazione letterale. Ed invero la norma medesima chiaramente distingue il momento della scadenza degli organi di controllo, collegato all'insediamento del consiglio regionale, da quello della decadenza, che interviene sessanta giorni dopo. In tale contesto, la determinazione del momento della scadenza degli organi predetti non ha altro significato che quello dell'indicazione del momento nel quale il consiglio regionale puo', o meglio deve, procedere alla sua ricostituzione, fermo restando che i comitati continuano ad esercitare le proprie attribuzioni. In tal modo peraltro la fase del passaggio dei poteri dai comitato scaduti a quelli ricostituiti risulta adeguatamente disciplinata con la previsione della sola scadenza. Deve quindi essere individuato il significato della previsione di una successiva fase, comportante la decadenza degli organi di controllo. Ritiene il collegio che tale disciplina non possa avere altro significato oltre quello della determinazione della durata massima del procedimento di ricostituzione dei comitati; decorso il quale quelli gia' in carica non possono comunque continuare ad operare. Diversamente opinando invece la predetta comminatoria di decadenza non avrebbe alcun significato. Ma se cio' e' vero, in forza di tale disciplina puo' accedere che la funzione di controllo non venga esercitata per periodi di lunghezza imprevedibile. E' ben dubbia la conformita' di tale normativa al dettato dell'art. 46 dello statuto speciale della Sardegna, che in armonia con la analoga prescrizione contenuta nell'art. 130 della Carta costituzionale, configura l'anzidetta funzione come necessaria ed indefettibile con conseguente automatica applicabilita' agli organi che la esercitano del principio della prorogatio. Il legislatore regionale limitando l'operativita' della prorogatio per gli organi di controllo ad un periodo massimo di sessanta giorni esplicitamente prevede un'ipotesi nella quale l'intera attivita' degli enti locali, qualunque ne sia il contenuto, potrebbe restare per periodi di tempo indeterminati sottratta al controllo di legittimita' previste dalla citata norma statutaria. Potrebbe invero osservarsi che l'art. 46 citato demanda alla legge regionale la disciplina di modi e limiti di esercizio della funzione in parola, da cio' facendo conseguire che rientra appunto nella sfera di discrezionalita' spettante al legislatore porre a raffronto l'esigenza di assicurare il controllo sugli atti degli enti locali con quella di evitare che detta funzione venga esercitata dalle stesse persone per un periodo eccessivamente lungo senza riscontro per il loro operato. Ma a tale osservazione potrebbe rispondersi che se l'esercizio della funzione e' necessario, la suddetta sfera trova di conseguenza il proprio limite laddove si renda eventuale la sottoposizione a controllo degli atti in ipotesi nelle quali la stessa legge regionale ne ha riconfermato la necessita'. In base alle suesposte considerazioni la questione di costituzionalita' dell'art. 9, primo comma, della legge regionale 23 ottobre 1978, n. 62, modificato dall'art. 1 della legge regionale 26 gennaio 1989, n. 6, deve essere dichiarata non manifestamente infondata. Atteso che la definizione del presente giudizio non puo' prescindere dall'applicazione della predetta norma, si appalesa necessaria la sua sospensione con la rimessione degli atti alla Corte costituzionale. Il collegio inoltre deve darsi carico del fatto che per effetto di una pronunzia di incostituzionalita' e della conseguente caducazione della norma di legge regionale ostativa all'applicazione della prorogatio dell'organo di controllo, dovrebbe essere rigettato il correlato motivo di impugnazione, per cui la controversia dovrebbe essere risolta applicando il citato art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 54, che le considerazioni svolte in precedenza hanno dimostrato essere l'unico parametro normativo al quale commisurare (a prescindere dalla vicenda relativa al controllo) la fattispecie concernente l'assunzione in servizio dell'odierno ricorrente. Se pertanto detta disposizione diventa l'unica applicabile, acquistano anche rilevanza eventuali questioni di costituzionalita' riferite alla medesima. Osserva pertanto il collegio che in base al combinato disposto dell'art. 51, primo comma, e dell'art. 97, primo e terzo comma, della Costituzione l'accesso ai pubblici uffici e' assicurato a tutti i cittadini in base a procedure fondate sull'accertamento della piu' idonea preparazione professionale, onde selezionare i piu' capaci e meritevoli. Con la disposizione in esame il legislatore ha ritenuto di ammettere al reclutamento del personale pubblico delle qualifiche inferiori esclusivamente agli iscritti alle liste di collocamento, in tal modo escludendo chi, essendo gia' occupato, non e' iscritto nelle liste medesime. Tale sistema se appare comunque conforme al primo dei sopra indicati parametri di costituzionalita' (in quanto la limitazione della partecipazione e' fondata su una circostanza obiettiva) e' invece di piu' dubbia congruenza con l'art. 97. Infatti, limitando la partecipazione alle procedure di assunzione agli iscritti nelle liste di collocamento vengono esclusi dalle medesime proprio quanti, avendo dimostrato le proprie capacita' in differenti occasioni, possono vantare maggiori titoli di professionalita'. E' dubbio se un tale meccanismo, che esclude dall'accertamento della professionalita' quanti appaiono prima facie i piu' meritevoli, rientri ancora nella categoria dei concorsi, ed e' ancora piu' dubbio se una tale disciplina risponda al parametro del buon andamento della pubblica amministrazione, una volta che quest'ultima debba necessariamente rinunciare a selezione i candidati piu' meritevoli. Considerato pertanto che - salva l'impotesi della soprvvenienza di una nuova normativa - la rilevanza di quest'ultima questione discende direttamente dalle considerazioni gia' svolte in sede di esame della rilevanza della prima e dell'eventuale riconoscimento della sua fondatezza, il tribunale ritiene opportuno sollevare contestualmente entrambi gli incidenti di costituzionalita'.